Archeologia

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Vulci

Il Parco naturalistico e archeologico di Vulci sorge nel cuore della Maremma Laziale, tra il Comune di Montalto di Castro e quello di Canino. Il Parco si estende per ben 900 ettari di terreno.
Qui la natura domina  incontaminata con suggestivi canyon scavati dalle rocce di origine vulcanica e il fiume Fiora che con una piccola cascata cade nel laghetto di Pellicone, tesori naturali che conservano i resti dell’antica città etrusco-romana di Vulci.

Vulci era una città molto nota nel mondo antico per i commerci e l'artigianato. In particolar modo nel VI secolo a.C. l'artigianato locale raggiunge il suo massimo splendore con una produzione di sculture, bronzi, ceramiche di ottima fattura che vennero vendute in ogni angolo del Mediterraneo.

Vulci, tuttavia, entrò presto in collisione con Roma e nel 280 a.C. , sconfitta, dovette cedere a Roma gran parte dei suoi territori. Questo segnò l'inizio della decadenza che la portò da lì a breve a scomparire del tutto.

Oggi è possibile visitare il parco scegliendo fra diversi percorsi che consentono di apprezzare sia gli scavi che le bellezze naturali. I resti dell’abitato e l’impianto termale testimoniano la presenza dell’antica città-stato così come la cinta muraria e i resti delle Porte Urbane. In prossimità della Porta Ovest è possibile ammirare anche l’ acquedotto romano dal quale si accede poi all’area archeologica.

Qui possiamo trovare il tipico Foro Romano e il Tempio Grande nonché l’Arco Onorario, un’opera commemorativa di Publius Sulpicius Mundus, senatore romano vissuto tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C.

Altri elementi degni di nota lungo il percorso sono il Sacello di Ercole, le terme e infine la Domus con i tipici pavimenti a mosaico e interessanti ambienti sotterranei. Seguono poi le numerose necropoli etrusche come la Necropoli Orientale con la Tomba di François conosciuta in tutto il mondo per le sue pitture, la Tomba delle Iscrizioni e il meraviglioso Tumulo della Cuccumella.

A pochi chilometri dalla biglietteria del parco si trova il Museo Nazionale Archeologico dove è possibile ammirare molti dei reperti ritrovati durante gli scavi. Il museo è ospitato all’interno della suggestiva Badia, un castello medievale risalente al XIII secolo al quale è possibile accedere tramite un vero e proprio ponte di impianto etrusco detto del Diavolo o dell’Arcobaleno, alto ben 30 metri.
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Tarquinia

La Necropoli di Tarquinia anche conosciuta come Necropoli Etrusca di Monterozzi è posizionata su di un’altura a est dell'attuale Tarquinia, e conta al suo interno circa 6.000 sepolture. Si tratta per larga parte di camere scavate nella roccia e sormontate da tumuli, delle quali le più antiche sono datate al VII secolo a.C.
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Fra le migliaia di sepolture sono circa 200 quelle che contengono una serie di affreschi rappresentanti il più cospicuo nucleo pittorico giunto a noi dall’arte etrusca nonché la più ampia documentazione di tutta la pittura antica precedente l’età romana. Insieme alla necropoli di Cerveteri è uno dei siti archeologici più importanti della civiltà etrusca.

Tratto distintivo della necropoli etrusca di Tarquinia sono le camere funerarie, modellate sugli interni delle abitazioni, con pareti decorate a fresco su un leggero strato di intonaco. Le scene hanno carattere magico-religioso e rappresentano banchetti funebri, danzatori, suonatori di aulòs, giocolieri, paesaggi, i colori sono intensi e vivaci e il movimento animato e armonioso.

Queste rappresentazioni hanno il duplice obiettivo di far rivivere al defunto la sua vita terrena e far dimenticare ai viventi il dolore della perdita. Le decorazioni sembrano seguire inoltre le sorti del popolo etrusco, difatti quelle risalenti al III secolo a.C., alle soglie del tramonto di questa grande civiltà, rappresentano immagini demoniache e mostri.

Fra i sepolcri più affascinanti quello delle Leonesse, del Guerriero, dei Fiorellini, dei Baccanti, dell’Orco e degli Scudi, per citarne solo alcune. Alcuni dipinti sono stati staccati dalle tombe per meglio preservarli e sono custoditi presso il Museo Nazionale Etrusco di Tarquinia.

Dal 2004 la Necropoli Etrusca di Tarquinia è stata riconosciuta come Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’Unesco.
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Cosa

L’area archeologica di Cosa-Ansedonia si estende sulla cima del promontorio di Ansedonia davanti al monte Argentario. L'antica città di Cosa era una colonia romana sorta con funzione di controllo tra il mare e l’entroterra.
I Romani fondarono la città di Cosa Volcenti dopo aver sconfitto le città etrusche di Volsinii e Vulci nel 273 a.C. Il sito scelto era un colle con una vista panoramica sul mare e poco distante dalla Via Aurelia, mentre il nome deriva probabilmente da un piccolo centro etrusco vicino chiamato Cusi o Cusia.

La colonia nel tempo cambia la sua vocazione da militare a commerciale e assume una fisionomia urbana stabile. Viene saccheggiata nel 70 A.C. probabilmente dai pirati che imperversavano nel mar Tirreno e da questo duro colpo si riprenderà solo in Età Augustea, quando molti edifici pubblici e privati vengono restaurati ed ampliati.

Intorno al II secolo d.C., tuttavia, per Cosa inizia un periodo di forte declino, le cui cause non sono ancora state chiarite, fino alla sua completa decadenza. Nel V secolo infatti la colonia risulta quasi completamente disabitata e la fine dell’antico centro romano lascia il posto alla nuova città altomedievale. 

Cosa diviene così un centro di controllo e stoccaggio alimentare e cambia il nome in Ansedonia.

Le rovine dell’antica città romana di Cosa si trovano sulla cima di un promontorio roccioso. Alla prima fase di fondazione della colonia appartiene la cinta di mura poligonali, di cui ancora oggi è visibile un lungo tratto, costruita con grossi blocchi di calcare e lunga oltre 1 km. Era munita di 18 torri e tre porte che conducevano verso l’Etruria settentrionale, verso Roma e verso il porto della colonia molto attivo soprattutto durante la prima guerra punica.

All’interno dell’area archeologica è possibile visitare il Foro. Sulla piazza si affacciano edifici pubblici e privati e sul lato orientale troviamo la Basilica a pianta rettangolare e con sei colonne in facciate. Accanto ad essa si trova il complesso Curia-Comitium, sede dell’assemblea, e sono visibili anche le fondamenta del Tempio della Concordia.

L’area dell’acropoli (Arce) è, invece la parte più alta dell’antica città, sede della vita religiosa della colonia. Qui vi era il Tempio di Iuppiter, di cui restano solo delle terrecotte architettoniche. Nell’arce è possibile vedere anche i resti del Capitolium risalente alla metà del II secolo a.C. e del tempio di Mater Matuta, venerata come protettrice delle nascite. Riconoscibili anche la Casa di Diana, chiamata così per il rinvenimento il loco di una statuetta della dea, e la grande Cisterna pubblica.

Potrete, inoltre, visitare la cosiddetta Casa dello Scheletro, un’abitazione databile al I secolo a.C. caratterizzata da un impianto signorile, dalla disposizione degli ambienti intorno all’atrio e dalla pavimentazione a mosaico. La casa aveva anche un secondo piano e gli ambienti presentano una decorazione parietale in primo stile pompeiano. All’interno della cisterna, profonda 4 metri, venne rinvenuto uno scheletro che ha dato il nome all’abitazione.

All’interno dell’area archeologica si trova il Museo Archeologico Nazionale di Cosa, realizzato sui resti di alcune case romane del I secolo a.C, tra cui la cosiddetta Casa del Tesoro, perché sotto il pavimento furono rinvenute oltre 2.000 monete d’argento.

Nell’agro di Cosa si trova anche la Villa Schiavistica di Settefinestre, costruita nel I secolo d.C. e rinvenuta fra il 1976 e il 1981.
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